“Quando il tennis fece boom” (diventammo ceto medio inseguendo una pallina)
di Lello Cirillo
Conversazione con l’autore di una storia socio – economica di successo.
Circolo Tennis Firenze –
Il boom del tennis negli anni ’70 segna il cambiamento della società italiana postsessantottina.
Una generazione dove il ceto popolare – protagonista indiscutibile di quella crescita economica sostenuta che aveva accompagnato il paese nel decennio precedente – reclamava alla borghesia imprenditoriale, ottenendolo, il dividendo conseguito.
Si faceva largo così una nuova classe sociale, più emancipata nei diritti e nei costumi e che, con più disponibilità economica, ascendeva verso una nuova categoria non omologata precedentemente, né dai sociologi né dagli economisti, che si definiva ceto medio. In essa il figlio dell’operaio accedeva a livelli di istruzione più elevati e, usufruendo di livelli di vita più liberi e dignitosi, scalava le opportunità della gerarchia società.
Il tennis, che fino ad allora era considerato uno sport aristocratico, appannaggio della nobiltà e della borghesia imprenditoriale, fu lo sport che accompagnò l’avanzata della nuova classe sociale, diventando sport per tutti sulla spinta dei trionfi di Adriano Panatta che trascina e trascina la nazionale “operaia” al trionfo nella Coppa Davis, il campionato del mondo a squadre di tennis, in una finale- La finale a Santiago col Cile divenne un casus belli politico.
Panatta e la Davis trascinano il movimento nella penisola ai massimi livelli. Le aziende tecniche di attrezzature ed abbigliamento cominciarono a fare affari d’oro, esportando il tutto il mondo il made in Italy. Le aziende non specialistiche investono nel tennis perché, dal punto di vista del marketing, era il più efficace veicolo comunicazionale per orientare le scelte del consumatore. Organizzativamente parlando, l’Italia diventa la nazione , seconda solo agli Stati Uniti che mette in piedi più spettacoli tennistici di vertice – una girandola senza fine di tornei, esibizioni, quadrangolari – per un pubblico mai sazio.
Gli indicatori che misuravano quel movimento, status per tutti coloro che si sentivano ceto medio – appassionati, tesserati, livello tecnico di vertice, aziende, giornali specializzati – erano tutti fortemente positivi. Tutti, contemporaneamente.
Poi l’euforia terminò verso gli anni ’90, e non fu mai più replicata.
Il libro nel raccontare aneddoti ed episodi di quegli anni, analizza le tematiche del cambiamento che vide per la prima volta, uno sport tra i protagonisti di una rivoluzione sociale.