“Ho giocato più ore in questo torneo che in tutto l’anno!” Con questa battuta, accompagnata da un sorriso radioso, Marco Trungelliti ha sintetizzato la sua settimana alla Firenze Tennis Cup – Trofeo Toscana Aeroporti (46.600€, terra). In tanti anni di carriera, ha giocato sei finali Challenger (vincendone una): quella contro Pedro Sousa sarà la settima, ma Firenze è l’unica città in cui ne ha raggiunte due: “Incredibile! In realtà mi sono sempre trovato bene in questo club, mentre l’anno scorso sul piano tecnico ho avuto delle difficoltà. Aveva piovuto molto, i campi erano pesanti, non si poteva nemmeno correre, eppure ero arrivato in finale. Al primo turno mi ero salvato per miracolo, poi nei quarti contro Gutierrez-Ferrol ero stato sotto 3-0 e servizio nel tie-break del terzo. Situazione identica a quella di ieri contro Vilella”. Casi della vita. In semifinale, l’argentino è emerso alla distanza (3-6 6-3 6-0 il punteggio) contro Mohamed Safwat, che pure è stato il miglior giocatore in campo per almeno un’ora. Con scambi lunghi e una palla molto pesante, l’egiziano sembrava destinato a una facile vittoria. “In effetti all’inizio ho sbagliato tattica, non giocavo quasi mai lo slice, colpo importante per spezzargli il ritmo, soprattutto sul rovescio – dice Trungelliti – ero un po’ stanco dopo la battaglia di ieri, e fino a quando non sono entrato in partita ho faticato. Ma nel secondo set ho iniziato a sentirmi meglio, a variare, a metterlo in difficoltà, e la mia palla gli rimaneva in mano”. Sotto 6-3 2-1, Trungelliti è stato bravo a recuperare il break di svantaggio, poi il game chiave è stato l’ottavo: Safwat ha annullato la prima palla break con un gran passante di dritto, ma sulla seconda una risposta un po’ fortunosa e un rovescio sulla riga hanno portato l’argentino sul 5-3. Trungelliti si è aggiudicato gli ultimi 9 game, ma c’è stata battaglia anche nei primi game del terzo. Il break spaccapartita arrivava nel primo game: Safwat commetteva un grave doppio fallo sulla parità, poi sparava un dritto in corridoio. Sul 3-0 si è fatto trattare dal fisioterapista per un problema al piede sinistro, e gli ultimi game sono stati una formalità.
“TOP-100 ATP? ARRIVERANNO NEL 2020…”
Vedendolo giocare, sembra incredibile che Trungelliti non sia mai entrato tra i top-100 ATP: tocca la palla come pochi, però gli manca continuità. “Quest’anno mi ero attrezzato per farcela, ma poi l’infortunio mi ha bloccato”. Ripensando al 2019 tennistico (al netto delle note – e gravi – vicende extra che lo hanno interessato), è comunque soddisfatto. “Sì, perché praticamente non ho giocato – racconta – però quando stavo bene ho visto che il tennis c’era e ho ottenuto anche qualche risultato. Il mio obiettivo era garantirmi la certezza di giocare le qualificazioni dell’Australian Open, ci tenevo molto. Se vinco la finale sono certo al 100%, ma anche così è quasi fatta”. La finale colta a Firenze è un mezzo miracolo, perché l’obiettivo di inizio settimana era semplicemente stare bene. “Non sapevo neanche se avrei giocato, era tornato il problema fisico che mi aveva costretto al ritiro allo Us Open. Non sapevo se potevo scendere in campo, giocare un set, una partita intera… All’improvviso, mi sono trovato in finale dopo aver giocato tantissimo”. Comunque finisca la sua esperienza fiorentina, ci sono due buone notizie per Trungelliti: la prima è che sente di non star giocando troppo bene, quindi di avere notevoli margini di crescita (“Mentre sto molto bene di testa”). La seconda è che ha ben chiaro cosa fare per dare l’assalto ai top-100 ATP. “È fondamentale la figura del mio allenatore, lo spagnolo Albert Portas (ex top-20 ATP, vincitore del Masters 1000 di Amburgo nel 2001, ndr). Era un giocatore stabile, è una persona molto tranquilla e pensa molto. Lui e mia moglie Nadir mi hanno aiutato molto: lo scorso anno sono cresciuto e lui ha avuto un ruolo importante. Se non mi fossi fatto male, quest’anno sarei entrato tra i top-100. Pazienza, sarà per il 2020”. A Firenze si è presentato senza allenatore, ma c’è buona parte della sua famiglia: mamma, fratello e la “mitica” nonna, 90 anni, diventata famosa lo scorso anno al Roland Garros. Per adesso è rimasta in hotel. “Ci piacerebbe portarla in finale, ma si potrebbe emozionare, inoltre è un po’ superstiziosa: sin dal primo match è rimasta in hotel e ho sempre vinto, quindi potrebbe decidere di non venire per scaramanzia…”